Fritz e il giardino dei fiori



Vedi Fritz,
Capita che finendo la cena, guardando una puntata di Dinner club, tu ti ritrovi ad ascoltare da Antonio Albanese, così all’improvviso, in un contesto profano, la più bella poesia mai ascoltata.
E tu rimani lì, con il profumo dei fiori da mostrare al primo sole di primavera.

Il giardino dei fiori
Sul lago, in fondo ai pioppi e abeti folti,
da mura e siepi difeso, un giardino
così ben curato con fiori d'ogni mese
che è da marzo fino a ottobre in fiore.
Qui, al mattino, non troppo spesso, io siedo e auguro a me che anche io possa sempre per mutare di tempo - bello, brutto - mostrare o una o altra gradevole cosa.
Bertolt Brecht

Fritz, custodisci!

Vedi Fritz,

Il 2024 volge al termine ed arriva il momento degli auspici, dei buoni propositi, degli auguri.
A volte un po’ sintetico e scontato, il buon anno felice e prospero però non mi basta più.
In questi giorni, scorrendo i post per “ammazzare il tempo” mi sono soffermato a leggerne qualcuno di Vito Mancuso.
Uno in particolare mi ha colpito più di altri, quello in cui si esorta a custodire lo spazio interiore.
Ecco allora Fritz io faccio a te a me, e a chi vorrà coglierlo, l’augurio di saper fare spazio. Quello spazio che, se ben riempito, potrà si aiutarci a cogliere le tante cose belle che ci succederanno, ma anche ad affrontare con coraggio e speranza tutto il resto.
“Custodire lo spazio vuoto della propria interiorità nutrendola di cose vere, di poche cose vere: poche vere amicizie, poca vera musica, poche vere letture (e meglio ancora, riletture).
Se custodiamo il nostro vuoto interiore, esso diverrà il nostro rifugio, la nostra isola, il cuore dentro il cuore, come recita l’antico testo taoista: «Dentro il cuore un altro cuore racchiudi, dentro il cuore un altro cuore è presente. Questo cuore dentro il cuore è pensiero che precede le parole”

Fritz, cucire storie e tessere relazioni



Vedi Fritz,
Questo è stato l’incipit dell’omelia di ieri alla messa della festa del PIME.
Ieri aveva un’accezione religiosa, potrebbe essere però un auspicio, un tendere, un’esortazione che parla a tutti.
Cucire storie, tessere relazioni, il filo è quello della speranza e i tessitori siamo tutti noi, si Fritz, anche io e te.

Fritz e la canzone contro la paura



Vedi Fritz,
raramente una canzone è stata per me cosi calzante nel tempo e nello spazio.
Ogni verso, insieme alla musica, ha il potere di ricordarmi un momento, una persona, uno stato d'animo, un'esperienza vissuta.
All'inizio di questo mio cinquantottesimo anno ringrazio tutti quelli che hanno speso qualche secondo per farmi gli auguri.

Ricambio con un:"A volte basta una canzone, anche una stupida canzone, solo una stupida canzone, a ricordarti chi sei...” (Brunori SAS) 

Fritz e le chitarre




Vedi Fritz,
Qualche giorno fa scherzavamo con amici dicendo che potremmo rispondere alla domanda: da quanti anni sei sposato? con una prosaica: da quattro lavatrici o tre frigoriferi, oppure da due piano fuochi.
Questa cosa mi ha fatto pensare che potrei scandire quasi tutta la mia vita invece con le mie chitarre. Allora alla domanda: Quanti anni hai? La mia risposta sarebbe: cinque chitarre.
In prima media c'era da scegliere uno strumento tra flauto, melodica e chitarra. Mi ricordo quanto fossero affascinanti le chitarre nella sala ottagonale delle medie, delle chimere. Forse nell'estrema voglia di distinguermi, grazie al cielo, scelsi la chitarra.
La prima è stata nel 1978, era una mini-chitarra, comprata dal maestro di musica. Legno scuro, oggi si direbbe top colore Sunburst, marca sconosciuta o forse una Eko. Imparai con questa i primi accordi, giusto per suonare le canzoni del saggio di fine anno. La sera però iniziavo a strimpellare e a cantare. Barrè muti, accordi aperti muti anche loro, corde dure mai cambiate in tre anni.
La seconda arrivo nei primi anni delle superiori, nel 1982. Una classica, con corde in Nylon, non ha lasciato un segno nella mia vita. Devo averla regalata ad un compagno di classe delle superiori.
La terza del 1984 era una Ibanez, top in abete chiarissimo, fondo e fasce in legno più scuro. Su questa ho iniziato a suonare e a cantare duramente, la sera, seduto sul mio letto, con il canzoniere aperto su quello di mio fratello. L'ho letteralmente consumata nei pomeriggi a casa, nei campeggi con l'oratorio, nelle cantate fuori dall'omnicomprensivo, nelle feste dell'oratorio, nelle grigliate con gli amici e soprattutto nell'anno di militare. Arrivò a Lecce per il mio giuramento insieme ai miei famigliari. Due mesi d'attesa. Non sono mai più stato cosi lontano da una chitarra per tutto il resto della mia vita.
La quarta, nel 1992, è stata una Washburn. La prima seria sia nel prezzo che nel suono, con fodero rigido. Un regalo di Luisa. Comprata insieme a lei a Milano nel quarto o quinto negozio visitato. Un pomeriggio infernale, per lei.
Anche questa consumata negli anni novanta, cantate più mature e serie con gli amici. Lasciata un po' da parte nei primi anni della nostra famiglia ma poi ripresa alla grande nel secondo decennio degli anni 2000.
Dopo tanti anni, nel 2022, alle soglie dei cinquantacinque anni, mi sono regalato la quinta e per ora ultima chitarra. Una MARTIN DX2e. Comprata a Roreto al magazzino Merula (una chimera da decenni). Un suono cristallino, una sensazione mai sentita, la prima suonata con amplificatore e qualche effetto sia per chitarra che per voce. Anche qui acquisto con grande sacrificio di Luisa dopo circa tre ore di prove, sofferenza lenita solo dalla mattinata passata nelle campagne di Alba, Barolo e Carrù, a mangiare il lesso.
Con questa finisce per ora il racconto della mia vita in chitarre. Inizia dopo due anni però la ricerca di una nuova, forse con top colore SunBurst, per tornare alle origini, forse una Taylor GS Mini-e LTD 50th Anniversary...chi lo sa.
Tutte le reazioni:
Luisa Gaviraghi, Massimo Brambilla e altri 26